Taki labo’ Roma: il Giappone multisensoriale by Viglietti

Taki ristorante giapponese di Prati apre alla contaminazione tra Oriente e Occidente, e dal 21 luglio al fianco della tipica proposta nipponica, apre su via Marianna Dionigi, Taki Labo’: il nuovo progetto dello chef stellato Massimo Viglietti, che dopo aver chiuso l’esperienza da Achilli al Parlamento, inaugura qui un nuovo corso.
“Per me sarà una palestra, un laboratorio dove lavorare alle mie idee, per poi lanciare successivamente TAKI OFF (n.d.r. il nuovo format gastronomico cui sta lavorando). I clienti vivranno un’esperienza immersiva, ogni sera ci sarà una performance differente, con la mia musica di sottofondo. Nei piatti troverete gli ingredienti giapponesi ma non solo, perché ho pensato a delle proposte senza frontiere: dovrete prepararvi a “The dark side of Taki”, una sua altra faccia ripensata da me, per chi vorrà vivere una serata inaspettata. In alternativa si potrà sempre scegliere l’armonia di Yukari, che sa mostrare il lato più vero del Sol Levante”.
Infatti Taki d’ora in poi avrà due volti: uno sulla piazza con alla guida Yukari Vitti continuerà a deliziare i palati dei romani con l’ottima cucina giapponese cui siamo abituati mentre l’altro Taki labò è il palcoscenico della sorprendente cucina di Viglietti.

Da Taki labò ogni portata esprime infatti una parte della personalità eccentrica e punk del grande chef ligure che gli ospiti sono invitati a scoprire. Una cena che è molto più di un pasto ma una vera e propria esperienza gustativa, tra cucina colta e colonna sonora rock selezionata dallo chef. Viglietti qui sarà il vostro “Virgilio”, uno chef narratore che vi prenderà per la gola portandovi in un viaggio di scoperte culinarie sorprendenti: sarà un racconto intimo, immersivo e inaspettato che coinvolgerà tutti i vostri sensi, in un percorso di cui comprenderete il senso solo alla fine.

La mia esperienza e il menù di Taki Labò:

Veniamo accolti dallo chef e dai camerieri, ci sediamo al kaiten: i posti sono ben distanziati tra stampe di gusto Orientale, effetti di luci e bonsai. Il ristorante è una piccola e raffinata scatola di lacca nera, che ammette solo pochi eletti alla volta, 15 per l’esattezza. In sottofondo Nick Cave e gli UnderWorld. Massimo Viglietti si fa notare da subito col suo look anticonvenzionale che incute anche un vago timore: ti osserva con gli occhi furbi e rompe il ghiaccio con la sua ironia, per catturare poi subito l’attenzione dei commensali, con i suoi aneddoti e le considerazioni intelligenti, che ti fanno capire da subito che non è il solito chef. La sua cucina è un gioco raffinato e cosmopolita, fatto di rimandi e suggestioni colte che vanno dall’ Italia al resto del mondo, in cui nulla è quello sembra, e tutto è fatto per stupire, shockare ed emozionare. “Non dovete credere a chi vi dice che gli chef sono buoni, brave persone. Gli chef sono cattivi, sono il diavolo, giocano con il fuoco, tagliano, squartano, usano i coltelli e qualche volta in cucina li fanno volare insieme alle peggiori parole. Se non ci credete guardate come guarnisco questo piatto”. Massimo Viglietti ci fa capire subito di che pasta è fatto quando, afferra la testa di un gambero rosso di sicilia adagiata su un vassoio e la spreme con decisione su una tartare di manzo e gamberi. Gli umori dalla testa del gambero colano sulla carne. Un po’ turbati dalla scena assaggiamo il piatto scoprendo che è questo dettaglio pulp a rendere la tartare esplosiva: è solo così che si assapora veramente il sapore del mare con la delicatezza delle carni appena rinfrescati dal tocco dello yogurt e d’ una tapenade di olive. Ecco cosa può succedere seduti alla tavola di Viglietti: qui si morde la vita, si gusta l’essenza.

Tartare

Un menu non menu quello firmato da Massimo Viglietti per Taki Labò. Dimenticatevi il classico schema primi-secondi-dolci, ed emozionatevi immergendovi in un sistema fluido e dai sapori in continuo divenire, in cui anche la scrittura dei piatti sulla carta risulta misteriosa e intrigante, per l’assenza di spazi tra le parole.
Gli ingredienti giapponesi vengono uniti alle costruzioni dello chef e sono interpretati in totale libertà, quasi donando sapori sorprendenti, costruendo una visione contaminata dei piatti che mostra un punto di vista originale su ogni pietanza. Fondamentale per Viglietti è la percezione al palato dei piatti e, per fare in modo che le papille gustative non vengano scioccate dal freddo o dal caldo, ogni pietanza Viene servita a temperatura controllata, quasi ambiente, per mantenere intatti i sapori e consistenze e non creare inutili pastosità.
La formula è quella del menu degustazione in cui lo chef parla di se stesso, del suo passato e del suo futuro e lo mostra con ricchezza di colori, profumi, sentori.
Due le proposte: una in dieci portate con wine pairing a 130 euro mentre il percorso in sei portate, sempre con abbinamento di vini e bevande, a 90 euro. “Il vino è un alimento e, come tale, devono esserne considerati gli apporti nutritivi all’interno di un menu, in cui ogni elemento ha il suo peso. Ho immaginato per questo un insieme di accostamenti con bollicine, vino, sakè, tè che creano per ogni piatto la giusta unione”.
Ma facciamo un passo indietro e torniamo alla nostra degustazione: l’esordio è con un bicchiere di champagne che apre le danze insieme a un’amuse bouche a base di patè di quinto quarto in sfoglia croccante e un goloso tris: un nigiri sushi, una polpetta di carne wagyu, un friggitello fritto.

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Si continua a giocare di rimandi tra oriente e occidente arriva la focaccia ligure e il pane homemade (buonissimo) con burro al pesto che ricorda nella forma il wasabi. Si prosegue con un insolito sakè frizzante a bassa gradazione alcolica, servito con succo di sambuco, limone e menta e un antipasto fresco, un’Insalata croccante di verdure, baccalà e foie gras in cui i sapori ben distinti vengono legati dalla grassezza del paté di fegato d’oca riequilibrata dall’ aceto giapponese ponzu, e una salsa su base agrumata, con aceto di lampone e aggiunta di olio EVO esclusivamente ligure per valorizzare la terra di origine dello chef.

taki labo

Per la realizzazione di questa insalatina Viglietti sceglie le sue verdure in Piazza della S. Giovanni della Malva a Trastevere da Er Cimotto, bottega storica di quartiere gestita da ragazzi con una passione incredibile per frutta e verdura di prima qualità. Segue la Tartare di manzo con gambero e umori della sua testa, spremuti a freddo a tavola direttamente dallo chef di cui sopra. Appetitosi i Ravioli (o Gyoza) sono piastrati e serviti con pepe verde Sakura e riso trasformato in salsa, come da tradizione giapponese, e sono ripieni rispettivamente di gamberi, maiale e verdure, accompagnati da una tazza di brodo vegetale alla moka express (altro must dello chef ligure) fatto con katsuobushi (tonno essiccato), pomodorini, cipolle, scalogno, sedano, aglio ed erbette a cui si aggiunge un tuorlo d’uovo: omaggio 3.0 alla minestra maritata con cui i frati nutrivano i meno abbienti è costituita da uovo e brodo, serviti in tazza separatamente, vengono sorbiti come un consommé e riescono a esaltare i delicati sapori dei ripieni.
La degustazione continua seguendo un’alternanza di sapori e profumi sorprendente, divertente e, soprattutto, giocosa. Viene infatti servito un vero e proprio mistery box, tanto caro alla cultura del Sol Levante, con al suo interno un piatto tutto giocato sui sapori grassi: un’Anguilla laccata leggermente arrostita con la sua pelle viene proposta con una salsa parmentier, lavorata come un purè, a base di patate, robiola, sesamo che gli dona un sentore di cioccolato e con una sottile fetta di mela verde, infusa in uno sciroppo di maggiora, in un contrasto grassezza/freschezza.

Il menu prosegue poi con la carne Wagyu, proveniente dalle Alpi giapponesi e dal sapore elegante grazie a una marezzatura non esasperata come quella di Kobe: viene rosolata sulla piastra per un minuto per lato e la sua grassezza dolce permette un gioco sulla sapidità in abbinamento all’acciuga. Questa è condita con un olio lavorato come una bernese sullo stile della bagnacauda e servita poi con una purea di aglio nero della zona di Voghera, una insalata di verza che aiuta a rinfrescare il palato, condita con un olio acciughe, alghe e nocciole, conducendo alla scoperta di questa carne pregiata, totalmente nuova e ammaliante.

Piatto folle e inaspettato, forse il più concettuale ma armonico e avvolgente, sono gli Spaghetti di patate mantecati con ricci di mare e serviti con mousse al caffè e cubetti di baccalà: un gioco di consistenze e temperature, in cui niente è mai troppo caldo o troppo freddo, perfetto per essere pienamente percepito senza essere mai pastoso. Infine un classico piatto di tradizione giapponese rende omaggio a Yukari, celebrando il Sol levante: Spaghetti freddi di Soba integrale con salicornia in tempura, sardine leggermente affumicata, salsa bernese, funghi ovuli e brodo di ovulo aromatizzato.


A chiudere il sipario della cena, due insoliti dolci che rompono gli schemi: la Banana, cioccolato bianco, frolla salata e caviale è un piatto allusivo che vuole evocare il sesso femminile, omaggiando l’“origine del mondo” in modo provocatoriamente maschilista, nato ispirandosi allo stilista Jean Paul Gautier. Si tratta di una crema di banana impiattata per dare l’idea delle gambe della donna e sopra si ritrova “il paradiso” con la preziosità del caviale. In basso le due componenti grasse, cioccolato bianco e frolla, creano un gioco di consistenze. Il risultato è un piatto bilanciato in cui il potassio della banana contrasta lo iodato del caviale mentre sia il cioccolato bianco che la frolla intervengono con un’esplosione di sapori inconsueta e persistente che piano piano si evolve al palato. Un dolce da gustare in un unico boccone con l’ausilio di due cucchiai, il piatto suscita l’ilarità dei più maliziosi alla vista, seguita però da un silenzio compiaciuto dopo l’assaggio, molto appagante.

Il Gambero Suzette, gelato al tè verde, crumble salato e yuzu unisce la freschezza e l’amarezza del tè verde alla dolcezza del crostaceo, lavorato come una crepe in cui al posto del Grand Marnier viene usato lo yuzu, per chiudere poi con la croccantezza della frolla.

Taki labò mi  lascia veramente colpita, non solo per l’ altissimo livello di cucina espresso ma soprattutto perchè alla fine della cena aldilà di aver appagato le papille gustative ci alziamo tutti consapevoli di aver assistito a una vera e propria performance artistica, che ci ha rapito per circa due ore di puro godimento gastronomico ma anche estetico e mentale. Una cena che è intrattenimento e viaggio, ma anche una scoperta e un racconto condiviso, sia con i commensali che con lo chef protagonista.  Taki labò in conclusione è a mio avviso l’esperienza food a tutto tondo assolutamente da vivere in questo momento a Roma.

 

Taki Labo’

Via Marianna Dionigi 56, Roma

Tel: 06 320 1750

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